NEL
2003 SI E' GIA' SPENTA
A causa del cambiamento climatico
aumenta la temperatura del mare.
Conseguenze: diminuisce la biomassa
marina,diminuisce
l’assorbimento di CO2,
scompare la ‘Corrente del Golfo’ di Trieste.
Acque troppo calde nel Mediterraneo: non
solo d’estate e non solo in superficie. La
temperatura aumenta di 2 gradi in
profondità e in inverno,
e quest’anomalia fa saltare gli equilibri
dell’intero bacino.
L’inverno scorso la temperatura del
Tirreno fino a 100 metri di profondità è
stata di 2 gradi sopra la media
stagionale: 15 gradi contro i 13 che
si misurano abitualmente nella
colonna d’acqua. E’ il primo anno che si
registrano questi dati.
Nel Golfo di Trieste, dove
nasce una delle tre “correnti del
Golfo” mediterranee che assicurano
la vitalità del nostro mare, la crescita
della temperature in profondità ha fatto
saltare tutti i parametri. Dai 5 gradi della
media invernale dell’ultimo secolo, già nel
2003 si è passati (sempre d’inverno) a 13
gradi. Queste anomalie termiche hanno
pesanti conseguenze e innescano un
meccanismo che peggiora il cambiamento
climatico globale, rallentando
l’assorbimento dell’anidride carbonica nel
Mediterraneo.
Questo emerge da un'elaborazione dell’Icram,
l’Istituto per la ricerca sul mare, dei dati
provenienti dal gruppo di lavoro sul Mare
della Conferenza nazionale sui
cambiamenti climatici, che si terrà
mercoledì 12 e giovedì 13 a Roma
presso il Palazzo Fao.
Il riscaldamento delle acque profonde in
inverno – spiegano i ricercatori - innesca
ben tre differenti motivi di allarme:
la
diminuzione di produzione primaria
e quindi di biomassa marina;
la
diminuzione dell’assorbimento
dell’anidride carbonica, il più
importante dei gas che alterano il
clima;
la
scomparsa della “corrente del
Golfo” di Trieste che potrebbe
mettere in discussione l’equilibrio
ambientale e climatico dell’intero
Mediterraneo.
Diminuzione
della biomassa vegetale marina.
L’aumento della temperatura in superficie,
che si propaga anche in profondità,
ostacola il rimescolamento delle acque
nell’intero Mediterraneo: se non
c’è differenziale termico tra lo strato più
superficiale del mare e quello più profondo
non c’è movimento e quindi si rallenta il
meccanismo che provoca il rimescolamento
delle acque nell’intero bacino. Primo
risultato, la scomparsa delle microalghe che
rappresentano la base della catena
alimentare marina (a causa della mancata
risalita di nutrienti dai fondali). Già “rapidi
cambiamenti di temperatura dell’ordine di
0.4°C che si verificano nelle acque profonde
sono in grado di alterare fino al 50% la
ricchezza di specie del nostro mare”,
spiega lo studio Icram/Working group mare.
Ma lo sbalzo termico è oggi molto più netto.
Nello scorso inverno, a causa dei 2 gradi di
aumento della temperatura di profondità, nel
Tirreno meridionale la cosiddetta produzione
primaria è calata del 30%, con un ritmo del
4-5% al mese fino a maggio. Questo
significa che la dieta delle specie marine è
bruscamente diminuita di circa un terzo
rispetto al passato, con conseguenze sulla
quantità di pescato e sull’equilibrio
ambientale dell’intero Mediterraneo.
Diminuzione dell’assorbimento di
anidride carbonica. A minore
quantità di plancton vegetale corrisponde
anche minore capacità da parte del mare di
assorbire l’anidride carbonica. La
vegetazione marina, come quella
terrestre, cresce incamerando il
carbonio disperso in atmosfera. Gli
scienziati calcolano che una parte
significativa (circa la metà) delle
emissioni antropiche di anidride carbonica,
il principale gas che provoca il
riscaldamento del pianeta, è stata finora
assorbita dai “pozzi naturali”.
Cioè circa un quarto delle emissioni totali
è stato assorbito dagli oceani e un quarto
dalle foreste. Se questo meccanismo si
inceppa, come è successo per la prima volta
quest’inverno nel Mediterraneo meridionale,
aumenta la quantità di CO2 in atmosfera.
Gli esperti del working group Mare alla
Conferenza nazionale sul clima valutano che
lo scorso inverno ci sia stato un
mancato assorbimento del 30% dell’anidride
carbonica rispetto all’anno
precedente in un’area molto vasta. Secondo
calcoli prudenziali, prendendo in
considerazione il quadrilatero di mare che
va dal Golfo di Napoli alle Eolie,
400-500 mila tonnellate di CO2 non
sono state sottratte all’atmosfera.
La scomparsa della “corrente del
Golfo” di Trieste. L’ultimo degli
effetti del riscaldamento delle acque
profonde del Mediterraneo ha impatti
immediatamente percepibili. Anche nel
Mediterraneo, infatti, c’è una “corrente del
Golfo”, è la corrente del golfo di Trieste.
E’ uno dei quattro motori che
permettono la vita dell’ambiente marino:
la principale corrente del Mediterraneo è
quella che passa attraverso Gibilterra e
muove vorticosamente le acque nell’asse
est-ovest. Poi ci sono tre correnti che
muovono le acque da nord a sud. Una nasce
nel Golfo del Leone, tra Spagna e Francia.
Un’altra nell’Egeo settentrionale.
La terza, di vitale importanza per l’intero
Adriatico oltre che per tutto il
Mediterraneo, ha origine appunto nel Golfo
di Trieste, dove la bora,
insieme agli altri venti freddi provenienti
da nord e agli apporti fluviali, raffreddano
in inverno le acque marine fino a 4-5 gradi,
facendole inabissare e creando una corrente
profonda che scende lungo le coste
occidentali italiane per poi riemergere a
sud del Salento.Nel 2003,
ultimo anno in cui sono state fatte indagini
oceanografiche nell’area, la corrente non è
stata rilevata.
Senza questo movimento nord-sud,
l’intero Adriatico si trasformerebbe in un
mare fermo e sempre più caldo. Dal mare di
Trieste fino alla costa pugliese si
creerebbe una palude salmastra dove lo
scambio di ossigeno non arriva oltre lo
strato superficiale, rendendo inabitabile
l’ambiente marino. Le specie animali
tipiche del Golfo di Trieste-
spiegano gli esperti del working group Mare
della Conferenza nazionale Cambiamenti
Climatici – sono pesci e piante marine
tipiche delle acque fredde boreali.
Saranno le prime a scomparire: non
hanno né la possibilità di risalire verso
mari più settentrionali, né quella di
emigrare verso le profondità, visti i bassi
livelli dei fondali alto-adriatici.
“Quest’anno, uno dei più caldi
dell’ultimo secolo, ha generato scompensi a
livello della produzione marina con la
mancata produzione di microalghe che ha
provocato notevoli diminuzioni di
assorbimento della CO2 dall’atmosfera”,
spiega Silvestro Greco,
rapporteur del gruppo di esperti mare alla
Conferenza nazionale Cambiamenti climatici e
coordinatore scientifico dell’Icram. “Inoltre,
l’interruzione delle correnti fredde del
Golfo di Trieste può causare fenomeni di
grave impatto sugli ambienti profondi,
portando a situazioni di anossia analoghe a
quelle del Mar Nero. Il persistere di
inverni caratterizzati da temperature miti,
con mancanza di fenomeni superficiali di
raffreddamento, può portare al persistere di
una rallentata dinamica correntizia
dell’intero bacino Mediterraneo, con gravi
ripercussioni sulla vita animale e vegetale,
sia superficiale che profonda”.