A Saline Joniche scontro sul carbone "pulito"

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Venerdì, 1 Agosto 2008

REGGIO CALABRIA. La campagna di comunicazione per spingere avanti il progetto per la realizzazione di una centrale a carbone nell´area dell´ex Liquichimica di Saline Joniche, in provincia di Reggio Calabria, non piace proprio a Legambiente. La Saline energie ioniche (Sei) , una partecipata della multinazionale svizzera Rätia Energie (Re), ha avviato un´imponente campagna di comunicazione sulla stampa locale e con brochures destinate a tutti i cittadini per cercare di mitigare la diffusa ostilità per la realizzazione della centrale a carbone.

«Il progetto che presentiamo si inserirà nel sito

industriale dell´ex-Liquichimica - dice Fabio Bocchiola, amministratore delegato Sei - ovvero in un´area che ha subito i danni di una politica industriale poco lungimirante. Noi desideriamo investire nel futuro a lungo termine: la nostra attività non si esaurisce con la posa dell´ultima pietra. Il nostro interesse è far funzionare l´impianto per produrre energia. E per farlo abbiamo bisogno della collaborazione e delle competenze presenti sul territorio. Ma non basta. È importante comprendere che questo progetto non è alternativo allo sviluppo e alla crescita di altre importanti risorse, turistiche, logistiche, professionali. La Centrale Sei non è alternativa ai progetti di rilancio anche turistico dell´area di Saline Joniche, semmai può rappresentare il volano di una prospettiva molto più ampia di rinascita di tutta la zona».

Per Luca Poggiali, consigliere di amministrazione della Sei «Il carbone deve essere sdoganato da vecchi pregiudizi. La Centrale sarà dotata di tecnologie d´avanguardia che la rendono un impianto di nuova generazione, ben lontano dalle vecchie centrali ancora esistenti. La Centrale rappresenterà un modello di efficienza, di sicurezza e, soprattutto, di attenzione per la salute e l´ambiente. Il progetto per la Centrale di Saline prevede una particolare attenzione anche per gli aspetti più squisitamente architettonici: nuovi materiali, asimmetria dei volumi, strutture decise e un´accurata selezione del verde farà della Centrale un´architettura pura, distintiva per il territorio».

Ma Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, e il calabrese Duccio Barillà non sembrano credere alle promesse dei depliant pubblicitari della Sei: «Carbone pulito? Polo tecnologico d´avanguardia? Isola della sostenibilità energetica? Basta con la propaganda che spaccia una centrale inquinante per il clima, come un impianto che sembra uscito dal paese dei balocchi. In uno scenario nazionale di grave ritardo sugli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra obbligatori secondo il Protocollo di Kyoto la costruzione di una nuova centrale a carbone come quella proposta dalla Sei, non farebbe altro che aumentare il contributo dell´Italia al riscaldamento globale. Con questa nuova centrale si aumenterebbe la produzione di CO2 in atmosfera del nostro Paese di oltre 7,5 milioni di tonnellate di cui dobbiamo assolutamente fare a meno. Il nostro Paese deve smettere di temporeggiare e per evitare le multe salate previste anche dal nuovo accordo europeo di riduzione del 20% della CO2 entro il 2020, deve trasformare il suo sistema energetico in modo sostenibile, puntando sul gas come fonte fossile di transizione e fondandolo sull´efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, così come fatto in Germania dove il settore delle fonti pulite garantisce occupazione a 250 mila persone».

Legambiente sottolinea che non esiste una tecnologia in grado di abbattere al camino la CO2 e che, anche se il progetto Sei prevede un impianto tecnicamente idoneo alla cattura ed allo stoccaggio di CO2 largo delle coste ioniche, «attualmente non è prevista l´effettiva realizzazione dello stoccaggio che aumenterebbe i costi, rendendo il carbone meno competitivo di altri combustibili. "Questo nuovo progetto, oltre a aumentare l´inquinamento locale sarebbe l´ennesimo tassello del clamoroso fallimento del disegno di "industrializzazione forzata" della Calabria che nel corso degli ultimi 35 anni, ha continuato ad investire in opere, di grande impatto sull´ambiente e fallimentari sul piano economico ed occupazionale. La Sei prenda atto anche dell´opposizione della giunta regionale della Calabria e abbandoni questo progetto.

Legambiente propone soluzioni alternative e compatibili con gli aspetti naturalistici e culturali dell´area che puntino all´innovazione tecnologica e alle fonti energetiche alternative: «Abbandonare il progetto della centrale a carbone – continua la nota di Legambiente - è necessario per una riconversione sostenibile dell´ex area industriale di Saline ma anche nell´ottica globale di riduzione delle nostre emissioni di CO2, che male si combina con un aumento del carbone nel mix energetico del Paese. Oltre ai progetti di sviluppo in ambito portuale, le alternative, potrebbero essere quelle di utilizzare alcune delle strutture e dei silos industriali per realizzare una delle due centrali solari termodinamiche a concentrazione in Calabria e un parco tecnologico per le energie alternative che serva come luogo di produzione ma soprattutto di sperimentazione delle varie applicazioni tecnologiche che la ricerca avanzata in questo campo propone. Tale iniziativa – concludono i dirigenti di Legambiente - darebbe l´opportunità di un coinvolgimento dei centri di ricerca, delle imprese, delle Università. Lo stesso parco potrebbe avvalersi dell´utilizzo delle fonti energetiche attraverso la realizzazione di attrattive capaci di abbinare divertimento a educazione scientifica ed ambientale».

Il Cigno verde preannuncia che sta per presentare al ministero dell´ambiente le osservazioni allo studio di impatto ambientale sulla centrale di Saline e lancia una sfida alla Sei per un confronto tecnico-scientifico sulla opportunità ambientale, economica e occupazionale del progetto della centrale.

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