Arriva il regolamento per la tutela degli ecosistemi marini vulnerabili

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Venerdì, 1 Agosto 2008

Dopo la strategia annunciata dalla Commissione Ue per proteggere gli ecosistemi vulnerabili delle profondità marine dall’impatto delle attività di pesca distruttive, arriva l’imposizione del divieto generalizzato di attrezzi di fondo dannosi per l’ambiente nelle zone d’alto mare: il regolamento sulla protezione degli ecosistemi marini è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale europea di ieri ed entrerà in vigore fra 30 giorni. L’Ue si conforma così alle raccomandazioni formulate dall’Assemblea generale dell’Onu che ha riconosciuto l’urgenza di prendere misure di protezione per gli ecosistemi marini vulnerabili.

 

Dalla fine del prossimo mese dunque, per poter pescare in determinate zone, gli operatori dovranno essere muniti di apposita autorizzazione rilasciata dallo Stato membro interessato ma a condizione che il Paese abbia appurato che le attività di pesca previste non produrranno un impatto negativo significativo su habitat vulnerabili.

In particolare quello che si vuole protegge sono scogliere, montagne sottomarine, camini idrotermali, coralli d’acqua fredda e banchi di spugne messi in pericolo dall’uso delle reti a strascico, le draghe, le reti da poste ancorate, i palangari fissi, le nasse e le trappole. L’utilizzo e il contatto fisico di questi attrezzi di fondo durante le normali operazioni di pesca possono avere effetti negativi su questi ecosistemi marini: mettono in pericolo l’integrità dell’ecosistema tanto da nuocere la capacità delle popolazioni di riprodursi e da ridurre la produttività naturale a lungo termine degli habitat, o da causare una diminuzione importante, più che temporanea, della diversità delle specie, degli habitat o dei tipi di pesci nelle acque comunitarie. Perché sono ambienti facilmente perturbati e che impiegano tempo a ristabilirsi, oppure nelle peggiori delle ipotesi rischiano di non ristabilirsi più.

La Comunità ha già adottato provvedimenti intesi a vietare la pesca di fondo in zone delle acque comunitarie in cui sono stati identificati tali ecosistemi. Essa ha inoltre partecipato all’adozione di analoghe misure in alto mare che rientrano nell’ambito di competenza di tutte le organizzazioni regionali di gestione della pesca incaricate di disciplinare la pesca di fondo. Così come ha contribuito attivamente all’istituzione di nuovi accordi o organizzazioni, affinché tutte le regioni oceaniche del pianeta siano soggette ad adeguati regimi regionali di gestione della pesca e di conservazione delle risorse. In alcune zone d’alto mare, tuttavia, l’istituzione di organismi di questo tipo presenta difficoltà significative.

Però una parte non trascurabile della flotta comunitaria pratica la pesca di fondo in zone non regolamentate da accordi o organizzazioni regionali di gestione della pesca competenti per la disciplina di tali attività di pesca e nelle quali è improbabile che accordi o organizzazioni di questo tipo siano istituiti a breve termine.

Dunque con le nuove misure proposte, i pescherecci dell’Ue che vogliono pescare con attrezzi di fondo in tali acque dovranno chiedere un permesso di pesca speciale ai rispettivi Stati membri, che potrà essere rilasciato solo dopo l’esecuzione, da parte degli Stati membri, di una valutazione preliminare degli impatti potenziali.

La domanda dovrà essere accompagnata da un piano di pesca particolareggiato che specifica la zona di pesca prevista, la specie bersaglio, il tipo di attrezzo e la profondità di utilizzo dello stesso e la configurazione del profilo batimetrico del fondo marino nelle zone in cui si intende operare (ove tali informazioni non sono già a disposizione delle autorità competenti dello Stato di bandiera interessato).

Il rilascio di un permesso di pesca speciale da parte delle autorità competenti è comunque subordinato ad una valutazione dell’impatto potenziale dalla quale risulti che tali attività non rischiano di produrre effetti negativi significativi su ecosistemi marini vulnerabili. Per realizzare la valutazione le autorità competenti si dovranno basare sulle migliori informazioni scientifiche e tecniche disponibili.

Tali informazioni comprendono – sempre che siano disponibili - dati scientifici che consentano di stimare la probabilità di incontrare tali ecosistemi. La procedura di valutazione prende in considerazione gli elementi pertinenti messi in evidenza dagli studi realizzati da esperti scientifici indipendenti e se nel caso, anche delle differenti condizioni in cui si trovano, da un lato, le zone in cui le attività di pesca con attrezzi di fondo sono praticate in modo abituale e, dall’altro, le zone in cui tale tipo di attività di pesca non è praticato oppure è praticato soltanto occasionalmente.

La valutazione è realizzata dalle autorità competenti secondo criteri di precauzione. Quindi qualora non riescano a stabilirne l’esatta entità, le autorità competenti considerano che gli effetti negativi prospettati dai pareri scientifici hanno carattere significativo. (Eleonora Santucci - greenreport.it)

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