Il turismo tra la difesa del bello e il climate change

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Lunedì, 14 Aprile 2008

“Italia Oggi” rilancia l’appello di Alain Elkann, presidente dell´Associazione Mecenate 90 per il rilancio della cultura del bello in Italia, che è soprattutto un richiamo al turismo perché non si occupi solo delle strutture alberghiere, ma anche dell’ambiente, del paesaggio, della storia, senza le quali anche l’albergo più bello, più lussuoso o più ecologico, non attirerebbero turisti.

Una specie di lapalissiana constatazione che però nel nostro Paese non sembra avere buona audience, seppellita da ecomostri abusivi o autorizzati e da un miniappartamentificio dilagante. «Nessun turista di buon senso – scrive su Italia Oggi Gavino Maresu, direttore del dipartimento turismo dell´Eurispes

- parte dal proprio paese (sia esso Finlandia o Giappone) per venire a dormire in un albergo in Italia: dorme benissimo a casa sua senza andare in capo al mondo.

 

Per soddisfare le attese e le motivazioni primarie dei visitatori, non è quindi sufficiente adottare politiche di carattere settoriale, ma occorre un’altrettanto attenta politica di valorizzazione e gestione dei beni culturali, naturali, paesaggistici e storici, in un contesto di rigide norme di salvaguardia e di tutela. Il turismo cioè, per potersi sviluppare, attinge il suo valore aggiunto e la sua capacità di competere da tale patrimonio, le cui dinamiche influenzano quindi direttamente quelle del settore».

E l’articolo riporta anche una, è proprio il caso di dirlo, illuminante frase del pubblicitario Gianni Cottardo: «È chiaro che i produttori di candele non vendevano candele, ma illuminazione. Se lo avessero capito, avrebbero forse finanziato loro stessi l´invenzione della lampadina». Una delle lampadine potrebbe addirittura essere il Piano paesaggistico della Sardegna, contro il quale anche imprenditori turistici hanno promosso un referendum fortunatamente bocciato dal Tar e dal tribunale di Cagliari. O magari i parchi nazionali e le aree marine protette che trovano sempre opposizione proprio dove il turismo è più sviluppato.

Il turismo è troppo spesso l’unica attività che spreca la risorsa su cui si sostiene: l’ambiente e il paesaggio, ma ora è entrato in campo un altro attore di cui non si tiene conto nel dibattito italiano, non a caso sollevato da grandi intellettuali “borghesi” come Asor Rosa, Emiliani ed Elkan, tutto incentrato sulla contrapposizione tra villettopoli e bellezza sfregiata, con un estetismo che magari arriva a preferire una centrale nucleare alle “brutte” pale eoliche. L’attore innominato si chiama cambiamento climatico e sul proscenio del turismo lo ha chiamato direttamente la World tourism organization dell’Onu (Unwto), presiedute dall’Italiano Francesco Frangialli, che per il 27 settembre, in occasione del world tourism day, ha convocato a Lima, in Perù, un summit mondiale del turismo sul tema “Tourism Responding to the Challenge of Climate Change”.

Intanto l’Unwto ha convocato a Zhengzhou, in Cina, un Forum internazionale sindaci delle città del mondo per discutere in particolare proprio del cambiamento climatico e del suo impatto sul turismo.

I 222 sindaci, tra i quali quelli di Berlino, Londra ed Ottawa hanno affrontato I temi cari ad Elkan: sviluppo turistico, patrimonio culturale e urbano, ma anche il sistema urbano di reazione in caso di crisi determinate da altri fattori.

Introducendo la discussione il vicesegretario dell’Unwto, Geoffrey Lipman, ha detto che «Il turismo è coinvolto nelle questione del cambiamento climatico per il fatto che il nucleo dei nostri prodotti, le montagne, le spiagge e le barriere coralline, sono di fronte ad una minaccia crescente. Il nostro clima, che è una componente di base dei viaggi di piacere e di lavoro, è già diventato incerto e volatile». Diversi tra i sindaci cinesi e stranieri presenti al Forum hanno espresso la loro forte preoccupazione per le ripercussioni del cambiamento climatico sul turismo. La più curiosa è stata quella dell’assessore al turismo finlandese Tuula Rintala-Gardin: «La città di Rovaniemi, città natale di Babbo Natale, è stata colpita dal riscaldamento del pianeta che scioglie la neve».

Ma anche nella Cina, diventata in poco tempo una delle mete turistiche più frequentate e che, Tibet o non Tibet, punta al record con le Olimpiadi di Pechino, qualcosa sta cambiando: il sindaco di Guiyang, capoluogo della provincia sud-occidentale di Guizhu, ha sottolineato che la sua città è stata fortemente danneggiata dalla tempesta di neve che ha colpito gran parte della Cina all’inizio dell’anno, «siamo molto interessati al cambiamento climatico ed allo sviluppo del turismo ecologico». I sindaci hanno firmato una dichiarazione finale con la quale «si impegnano sulla strada dello sviluppo sostenibile che è di primaria importanza per lo sviluppo del turismo».

Forse in Italia, dove lo sviluppo insostenibile del turismo c’è già stato in molti luoghi, il recupero della sostenibilità passa anche per tutte le azioni necessarie per combattere il riscaldamento climatico che risale dal Mediterraneo e si arroventa nelle coste cementificate. Ma per far questo occorre un difficile equilibrio tra difesa estetica della bellezza, recupero del brutto, innovazione tecnologica, risparmio energetico e progetti di mitigazione per affrontare le sfide del global warming, che senso estetico ne ha veramente poco. Anche perché se le temperature salgono avremo le nostre bellezze archeologiche, i nostri alberghi, i nostri condomini balneari, affacciati su dune costiere africane e su montagne senza neve ed i turisti li abbandoneranno senza pietà e rimorso, per andare a fare il bagno in Bretagna e a sciare su quel che resta delle nevi norvegesi.

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