L'Africa delle bidonville che sogna il miracolo nucleare

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Venerdì, 16 Maggio 2008

Il Times of Zambia ha intervistato il segretario uscente del Mercato comune dell´Africa orientale ed australe (Comesa), Erastus Mwancha, che ha detto: «E´ tempo che i Paesi africani formino più ricercatori sull´energia nucleare e stabiliscano una legislazione su questa tecnologia. I Paesi africani devono considerare la messa in campo di una legislazione a sostegno che regoli la produzione di energia nucleare come una fonte di energia alternativa per far fronte al deficit di energia che si riscontra attualmente nel continente».

Non si capisce come il continente più povero ed arretrato del mondo possa pensare di superare il vero e proprio baratro scientifico, industriale e tecnologico che lo divide dai Paesi che hanno decenni di attività di ricerca nel campo nucleare e perché Paesi poverissimi dovrebbero imbarcarsi nella costosissima avventura

nucleare invece di sfruttare le enormi disponibilità di energie rinnovabili come il solare, l´eolico, l´idroelettrico e le nuove energie del mare.

Eppure per Mwancha, «benche è possibile che l´energia nucleare non venga prodotta prima di sette o otto anni (tempi superveloci anche per i russi, che non guardano certo per il sottile nel fornire le loro centrali atomiche chiavi in mano, ndr), è importante che i Paesi comincino ad investire nella tecnologia per far fronte ai bisogni energetici futuri. Mentre vi guardate intorno, circa il 16% dei Paesi del pianeta produce già energia nucleare e l´Africa non ne produce che il 2%. Dobbiamo cominciare a studiare le opzioni dell´energia nucleare e cercare i modi per metterla in campo. Farò inviare scienziati negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Russia, dove l´energia nucleare è sicura. I Paesi africani devono lavorare mano nella mano per sviluppare l´energia nucleare».

L´Africa non è certamente solo guerra, miseria, fame e dittatura, è anche capace di grandi e sorprendenti eccellenze, di un´esportazione (e spreco) di cervelli che è anche il segno più evidente di un nuovo colonialismo. Ma pensare di costruire centrali nucleari in Paesi dove le recenti metropoli sono costituite soprattutto di baracche dove si sogna una fogna, un gabinetto, una fontanella pubblica, dove la tradizione industriale è praticamente inesistente, sembra davvero una fuga in avanti, verso una delle tante soluzioni miracolistiche che distolgono l´attenzione dai bisogni quotidiani di una moltitudine ignorata. Forse non è un caso se l´avventura nucleare in Africa l´ha avviata il regime razzista dell´apartheid che non nascondeva la volontà di dotarsi della bomba atomica bianca.

Del Comesa fanno parte Burundi, Comore, repubblica democratica del Congo, Gibuti,Egitto, Eritrea, Etiopia, Kenya, Libia, Madagascar, Malawi, Mauritius, Ruanda, Seychelles, Sudan, Swaziland, Uganda, Zambia e Zimbabwe, comprende quindi alcuni degli Stati più poveri del mondo, altri in guerra tra loro e con altri Paesi o con guerriglie interne endemiche, regimi dittatoriali islamici, democrazie autoritarie inamovibili... non si capisce come regimi che spesso chiedono aiuto per garantire la sopravvivenza dei propri cittadini possano distogliere risorse e cervelli per lanciarsi in costosissimi progetti che saranno costruiti e gestiti da altri, e soprattutto come, mentre si vorrebbe impedire agli "Stati canaglia" di dotarsi del nucleare, si possa guardare con bonaria disattenzione a progetti nucleari che verrebbero realizzati in Paesi dalle fragili frontiere coloniali, percorsi da guerriglie e proteste per il pane e ancora troppo spesso governati da governi corrotti che si tengono in piedi con le baionette e le truffe elettorali. (www.greenreport.it)

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