Gas serra, il pericolo viene dal freddo: attenti al permafrost

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Mercoledì, 3 Settembre 2008

Secondo un articolo apparso su Nature BioScience «circa 1672 petagrammi (1 petagrammo corrisponde a 1 miliardo di tonnellate metriche) di carbonio sono immagazzinate nel permafrost nelle regioni che circondano il Polo Nord». Si tratta di una quantità di CO2 che tiene conto del carbonio immagazzinato in profondità nel permafrost, che sarebbe così più del doppio di quanto si pensava finora e il doppio del carbonio atmosferico.

 

Nature BioScience pubblica i risultati di una ricerca condotta dagli scienziati del gruppo di lavoro sulla vulnerabilità del carbonio nel permafrost dell´Anno polare internazionale 2007- 2008 dalla quale si evince che il disgelo innescato dai cambiamenti climatici nell´Artico provocherà lo scioglimento del permafrost che rilascerà più gas serra nell´atmosfera di quanto era previsto, il disgelo provocherà emissioni di CO2 pari, più o meno, a quelle provocate dalla deforestazione.

Una nota sul sito dell´International polar year spiega che «Le stime sinora esistenti del carbonio organico contenuto nei suoli artici del Nord America erano basate su un limitato numero di campionamenti, poco profondi (40 cm). Una ricerca pubblicata in Nature geosciences da ricercatori statunitensi, presenta i risultati ottenuti grazie a misure più numerose e con profondità di 1 metro. Le quantità totali stimate sono risultate molto superiori a quanto precedentemente supposto. Questi risultati sono importanti per l´impatto che il rilascio dai suoli artici di CO2 importante gas-serra, può avere sul cambiamento climatico».

Il permafrost è terreno congelato in permanenza che occupa vaste aree in Russia, Europa settentrionale, Canada ed Alaska, circa un quinto delle terre emerse dell´emisfero settentrionale e dove i processi di decomposizione che rilasciano CO2 in atmosfera sono ridottissimi e rallentati. Ma se il global warming avanza e libera il mare dai ghiacci, a terra il permafrost fonde e la decomposizione accelera e rilascia gas serra. Su greenreport abbiamo già dato notizie di studi degli scienziati del Polar year e russi che predicono un innalzamento delle temperature nell´Artide di 8 gradi entro la fine del secolo, innescando un vero e proprio disastro infrastrutturale in centri abitati come quelli siberiani che galleggiano letteralmente sul permafrost su "palafitte" che sono destinate a sprofondare nel fango.

Cordis, il bollettino scientifico dell´Ue, spiega che «Alcuni degli effetti del disgelo del permafrost possono già essere osservati nelle configurazioni geografiche chiamate thermokarst, che sono disseminate in zone dell´Alaska e della Siberia. Qui, buche e depressioni irregolari nel terreno segnalano delle aree in cui il permafrost si è scongelato, causando l´abbassamento del terreno sovrastante. Nelle zone boschive questo può causare il collasso degli alberi, che si inclinano con angolazioni bizzarre, creando le cosiddette "foreste ubriache". Le strade che si trovano su questi terreni presentano avvallamenti causati dai thermokarst e le case costruite sul permafrost rischiano di inclinarsi e sprofondare se si forma un thermokarst sotto le loro fondamenta».

I ricercatori dell´International polar year sottolineano che «Nonostante meccanismi che possono parzialmente compensare alcuni degli effetti del disgelo del permafrost sul clima, questo rilascio di carbonio nell´atmosfera rappresenterà probabilmente una delle principali fonti di carbonio nel corso del prossimo secolo».

Nel loro studio, i ricercatori hanno tenuto conto di complessi processi che coinvolgono il terreno a diverse profondità quando il permafrost si scioglie e si congela. Con il disgelo del permafrost il suolo si modifica, riportando alla superficie del materiale organico. Con la diminuzione del permafrost è probabile che crescano degli alberi in nuove aree, assorbendo così dell´anidride carbonica. Tuttavia, gli scienziati avvertono che questo non compenserà il carbonio rilasciato in seguito al disgelo del permafrost.

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