La velocità dei cambiamenti climatici e la biodiversità

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Mercoledì, 30 Dicembre 2009

 

Il clima del pianeta Terra cambia non solo nel tempo, ma anche nello spazio. Le aree a temperatura costante, per esempio, migrano e continueranno a migrare per tutto questo secolo con una velocità media di 420 metri l'anno, secondo i calcoli resi pubblici di recente da Scott R. Loarie - ricercatore del dipartimento di Ecologia globale presso la Carnegie institution for science di Stanford, in California - a da un gruppo di suoi colleghi con un articolo sulla rivista scientifica Nature intitolato, appunto, La velocità del cambiamento climatico.

Il gruppo di ricercatori americani ha costruito una vera e propria mappa dinamica della migrazione degli ecosistemi attuali e futuri indotti dai cambiamenti del clima. Si tratta di una mappa molto complessa. Non solo perché la nostra capacità di prevedere il futuro ha grandi margini di incertezza. Ma anche e soprattutto perché la velocità di migrazione delle aree a temperatura costante è molto diversificata.

Ci sono ecosistemi che migrano a velocità molto più bassa della media: quelli alpini, per esempio, e le foreste di conifere tropicali e subtropicali migrano a una velocità di appena 8 metri l'anno. Ci sono, al contrario, altri ecosistemi che migrano molto più velocemente della media: i deserti si spostano e si sposteranno (in uno scenario di aumento della temperatura media planetaria contenuto entro i 2 °C) al ritmo di 710 metri l'anno; le foreste tropicali di mangrovie al ritmo di 920 metri l'anno; le praterie e le savane addirittura di 1.260 metri l'anno.

Questo scenario ha profonde implicazioni anche per il destino di molte specie biologiche. Le domande sono due. Riusciranno le specie a tenere il passo degli ecosistemi per loro più adatti? Riusciranno a seguirli? Per ogni specie vivente e per ogni ecosistema, naturalmente, la risposta è diversa. Gli animali marini, per esempio, non hanno e non avranno grandi difficoltà.

Sulla terraferma le cose vanno diversamente. Gli animali possono seguire i loro ecosistemi più adatti con una certa facilità, a meno che non ci siano ostacoli naturali o artificiali insormontabili. Molte piante hanno qualche difficoltà, per così dire, intrinseca a inseguire l'habitat più adatto, tant'è - dicono Loarie e colleghi - che a tutt'oggi un terzo degli habitat sta migrando a una velocità così elevata che le piante non riescono a tenerne il passo.

È evidente che molte specie non ce la faranno e si estingueranno. E che l'estinzione riguarderà anche le aree protette. Tenuto conto che solo l'8% delle attuali aree sottoposte a protezione conserveranno, di qui a fine secolo, condizioni adatte alla vita delle specie che oggi ospitano.

Possiamo fare qualcosa per evitare la "grande estinzione" indotta dai cambiamenti climatici?

Possiamo fare molte cose. Naturalmente possiamo cercare di rallentare i cambiamenti del clima. Ma possiamo fare qualcosa anche di più specifico: aiutare gli animali e le piante che non ce la fanno da soli a "raggiungere" gli ecosistemi più adatti (operazione particolarmente delicata); creare più corridoi fra gli ecosistemi per consentire alle specie di migrare con più facilità; aumentare l'estensione delle aree protette. Non sarà facile. Ma dovrebbe essere uno dei temi di discussione prioritari nel nuovo anno, il 2010, eletto dalle Nazioni Unite ad anno della biodiversità. (Pietro Greco - greenreport.it)

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