Israele, Palestina e l´acqua

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Sabato, 10 Gennaio 2009

 

Le ragioni dell’ennesimo inasprimento del conflitto Israelo-Palestinese sono molte, alcune ormai storiche e ci sono state raccontate dagli analisti anche in questi giorni. Noi non ci torniamo anche perché esula dalle nostre competenze. Facciamo notare però che gli attriti in Medio Oriente riguardano anche la carenza di risorse e l’ineguale distribuzione. Ed in testa alla lista c’è sicuramente l’acqua. La guerra dei Sei Giorni datata ormai 1967 è stata anche la risposta di Israele all’idea della Giordania di deviare il fiume Giordano per gli usi personali (lo abbiamo scoperto magari qualche anno dopo). Le conquiste israeliane in quell’occasione hanno permesso tra l’altro di avere accesso alla parte superiore del bacino del fiume e di controllare la falda sotto la West Bank con un aumento delle risorse idriche per Israele del 50%. Conflitti, ma pure discussione politica accesa che su questo tema ha portato anche piccoli e parziali frutti come il Programma di sviluppo idrico comune ai due stati datato 1993. Ma Israele non ha accettato di dividere le risorse in parti uguali. Secondo l’accordo di Oslo del 1995 Israele ha mantenuto il controllo completo delle riserve idriche della West Bank (nella zona della falda acquifera di montagna), ha avuto a sua disposizione le acque del fiume Giordano con estrazioni fino al 75% delle disponibilità. Secondo le fonti (solo alcune palestinesi) come la Società accademica palestinese per lo studio degli affari internazionali di Gerusalemme, ed alcuni studi come “Evaluating Water Balances in Israel”, nella West Bank alcuni palestinesi sopravviverebbero con 35 litri di acqua al giorno per uso domestico. La carenza di risorsa idrica nell’area è un dato oggettivo anche se con alcune diversità rispetto alla pressioni sulle falde e alla loro capacità di ricarica. Secondo dati relativi all’anno 2000, la falda acquifera di montagna ad ovest è sfruttata oltre la possibilità di ricarica (362 milioni di metri cubi all’anno, contro una pressione di prelievo di 374); il prelievo è effettuato al 94% da Israeliani (per Israele e per gli insediamenti); stessa situazione per la falda acquifera di montagna al nord, dove il prelievo Israeliano è al 72%; mentre situazione più omogenea si registra ad est dove la falda in proporzione è in condizioni quantitative migliori e il prelievo israeliano si attesta circa sul 56% del totale. La falda acquifera della costa è in sofferenza e comunque tutta a disposizione degli Israeliani. La zona è rifornita con il Vettore idrico nazionale, il tubone di 200 km di canali a cielo aperto che trasportano da nord a sud 400 milioni di metri cubi d’acqua ogni anno. A Gaza si registra una delle situazioni più critiche: il prelievo massiccio (120 milioni di metri cubi l’anno) ha portato alla salinizzazione della falda che si ricarica solo per 55 milioni di metri cubi. In questo caso ovviamente il prelievo è quasi interamente palestinese. I dati vanno tutti presi con un minimo di prudenza ma consultando anche altri siti (www.ecoisp.com, www.Israel-mfa.gov, www.wws.princeton.edu) si ricava un dato complessivo relativo al 2002 che vede confermare lo squilibrio idrico per l’acqua ad uso domestico: i Palestinesi hanno una disponibilità di 71 litri al giorno contro i 350 per gli Israeliani. Certo la pace non passa solo per una redistribuzione eguale delle risorse ma pensiamo che non si possa prescindere da questa per alimentare almeno la speranza. (greenreport)

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