Vertice Fao, un mondo di sprechi: in Usa buttato via la metà del cibo

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Domenica, 15 Novembre 2009

 

Secondo i calcoli del Banco alimentare in Italia ogni famiglia getta annualmente nella spazzatura almeno 560 euro di cibo, ovvero il 10% della spesa annuale. Al macero il 15% di pane e pasta, il 18% della carne e il 12% di frutta e verdura. Tonnellate di alimenti alle quale vanno aggiunte quelle dei supermercati (550 mila tonnellate) dei ristoranti, dei fast food, del catering. Cifre precise è impossibile farne ma chi ci ha provato stima che in Italia si gettino via 25 milioni di tonnellate di alimenti pari a circa 30 miliardi di euro: il 2% del Pil. E’ certo che ogni giorno la nostra pattumiera, così come tutte quelle di moltissimi Paesi, e non solo occidentali, riceve più calorie di milioni di bambini, uomini e donne che soffrono la fame. E che quest’anno le cifre ufficiali stimano in un miliardo e 20 mila unità.

In un documento presentato ieri al Forum parallelo dello società civile in svolgimento a Roma in occasione del Vertice della Fao, si legge: «A livello globale le perdite di cibo durante tutta la catena produttiva (dal campo alla tavola) toccano il 30% del totale. E nei paesi più ricchi oscilla tra il 40 e il 50%». Secondo studi che non possono essere ovviamente considerati come vangelo ma che si avvicinano sicuramente alla realtà, negli Usa il 40-50% del cibo (100 miliardi di dollari e una cinquantina di milioni di miliardi di litri di acqua usati per produrlo) viene buttato via mentre nel Regno Unito si parla di 30-40%. I britannici in questo modo “bruciano” un valore in sterline pari a cinque volte quello del loro aiuto ai paesi poveri. Centinaia di milioni di persone potrebbero sfamarsi con quello che noi buttiamo via.

In un altro documento presentato al Forum di Roma, intitolato “Politiche e azioni per sradicare la fame e la denutrizione”, si parla di «perdite (di cibo) a causa del deterioramento ma anche a causa di difficoltà di accesso alle infrastrutture della produzione, scelta, stoccaggio e trasporto». E infatti secondo studi dalle risultanze convergenti, la perdita quantitativa in post raccolta dei cereali in India è valutata dall’8 al 25%. In Sudan va dal 6 al 19%, il frumento in Brasile ha perdite tra il 15 e il 20%. Va peggio con il riso nel sud est asiatico (ogni anno se ne perde dal 10 al 37% per stoccaggi inadeguati) e, in genere, in Africa, dove si perde il 50% del raccolto.

Ma di tutto questo nella bozza finale del Vertice che si apre domani alla Fao non c’è traccia. Scottati dall’ormai certo fallimento del progetto di dimezzare il numero degli affamati entro il 2015 - come previsto dagli Obiettivi del Millennio - dalla bozza finale sarebbe stata anche cassata la data del 2025 in merito all’impegno di «sradicare in modo sostenibile la fame». La stessa data compare in un precedente documento, anche a firma della Fao, in cui si indicava il 2025 come limite temporale per abbattere del 50% gli sprechi di cibo. Nel febbraio scorso anche l’ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari affermava che «oltre metà del cibo prodotto attualmente viene o buttato o scartato a causa di inefficienze».

Luca Colombo, ricercatore della Fondazione diritti genetici (ha firmato assieme ad Antonio Onorato il libro appena uscito “Diritti al cibo” in cui si parla tra l’altro di «agricoltura sapiens») contesta le linee guida «le solite» che emergeranno dal Vertice: «Si parla sommariamente - dice Colombo - della necessità di aumentare la produzione agricola del 70% nei prossimi 30-40 anni per far fronte a una popolazione che nel 2050 sarà di circa 9 miliardi di persone. Ma non si parla dell’uso del cibo prodotto, non si parla dell’uso delle terre coltivate, non si recepiscono i messaggi che vengono dal campo e ci si piega ancora una volta alle logiche del libero mercato e della grande industria agro-alimentare. L’approccio analitico è sempre quello, lo stesso che ha portato al fallimento degli Obiettivi del Millennio».

Tra le centinaia di partecipanti al Forum civile la richiesta, dalla Cina alla Bolivia, Dal Senegal all’India, la richiesta è quella di dare più sostegno all’agricoltura locale, su piccola scala, ecosostenibile. Per evitare sprechi e per evitare che con cibo sufficiente per tutti, ci siano un miliardo di persone che vanno a dormire con lo stomaco vuoto. Ma anche per evitare che nei paesi ricchi continui a crescere il numero degli obesi, ormai a quota 700 milioni. (ilmessaggero.it)

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