Una grande idea pe l'area Carbon

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Mercoledì, 25 Novembre 2009

 

Ascoli Piceno - Mi sono svegliato presto, era ancora notte fonda, forse ho fatto un sogno che mi ha turbato o più semplicemente non ho digerito. Sono rimasto nel letto e, come spesso mi succede, penso, progetto, ricordo e progetto di nuovo. Nello scorrere impetuoso dei pensieri , in un vortice di contrasti che si alternano a momenti di quiete solo temporanea, il pensiero si ferma sull'incontro tenutosi alla sala docens, dedicato alla SGL CARBON e organizzato da Legambiente di Ascoli Piceno. È un pezzo della vita di Ascoli con storie e racconti importanti. Poi la conclusione dell'incontro, come una cascata attesa, all'arrivo del Sindaco, che sintetizzerei così, “alla ricerca di una grande idea” per la Carbon. Ma i miei pensieri erano ancora rimasti alle morti causate dagli IPA cancerogeni, ai racconti dell'avvocato che aveva parlato con i familiari degli operai, ai loro corpi impregnati di pece, al tanfo della Carbon trasmesso nei loro appartamenti, al silenzio imposto dalla necessità di lavoro mentre l'odore del sudore non poteva tacere. E intanto i relatori e i pochi presenti in sala hanno accettato, direi hanno subito passivamente, la “sfida” abile del sindaco: cercate una grande idea, perché quella della facoltà di architettura, è solo un insieme di volumi e spazi senza contenuto. Guarderò il progetto, ma non è questa la cosa importante. Ho avuto anch'io la tentazione, perché siamo tutti un po' presuntuosi, di pensare ad una grande idea, ad un'idea originale a cui nessuno ha pensato, che di colpo trova lavoro a centinaia di operai, che fa risorgere Ascoli, che ci esalta. E, mentre ancora mi rigiro nel letto fra l' intreccio di lenzuola e la paura di svegliare Egea, quel vortice di pensieri torna di nuovo sulle vite, sulle morti e sulle famiglie. Mentre il presidente nazionale di Legambiente espone la sua arguta provocazione di proposta del nucleare nell'area della carbon, un messaggio al cellulare mi ricorda che è tardi e che devo comprare le pizze sennò salta la cena. Non è una grande idea ma è concreta: esco di corsa perché è molto tardi, non mi dispiace rinunciare ai soliti saluti di rito e torno a casa con le pizze fumanti. Nel letto ripercorro la strada. Passo di fronte alla chiesa della scopa. Che bella idea ha avuto don Angelo, mio ex allievo dell'agraria che vent'anni fa ha subito i miei sermoni di botanica ed ecologia, a far mettere la vetrata alle porte della chiesa con il Santissimo sempre esposto. Così dalla piazza lo vedi sempre, in mezzo ai giovani che bivaccano sulle scalinate della chiesa fra le cartacce delle pizze e un mare di cicche. Il pensiero ritorna al fascino della grande idea e la corsa al progetto più bello e veloce; chi sarà il più bravo? Credo di essere ricco di idee originali, ma in questo caso non mi viene in mente niente. Cerco uno spunto in tutti i libri che ho letto, non lo trovo. Scruto il volto delle persone e immagino le loro vite. Poi penso ai giovani, ai miei figli e ai nipoti che vivranno dopo me e trovo conforto nella preghiere che mia madre mi ha insegnato quando ci veniva a salutare dopo che eravamo andati a letto. E se fosse già questo un grande progetto? Forse il torrente impetuoso dei pensieri ha trovato un grande lago in cui sostare, una grande idea. Sono più tranquillo nel letto e ripenso alla mattina trascorsa con gli alunni in occasione della festa dell'albero, iniziativa anche questa organizzata da Legambiente. Non sopporto le feste dell'albero, non mi sento a mio agio per tanti motivi, ma questa volta ho provato grandi emozioni, c'era un'atmosfera diversa, la percepivo. Del “mediometraggio” presentato ai ragazzi avevo già letto il libro scritto da Jean Giono “L'uomo che piantava gli alberi “, mi era stato regalato da un grande amico e collega, Stefano Galardi, in un momento della mia vita delicato, dopo avergli raccontato le mie amarezze e il mio scoraggiamento per alcune questioni relative al Giardino Botanico della “nostra” scuola. Non mi ha dato né grandi consigli né la soluzione del problema, mi ha regalato quel piccolo libro ed è stata una semplice ma “grande idea”. La storia di Eléard Bouffier, un umile e solitario pastore della Provenza, a cui piaceva vivere lentamente ed in totale solitudine che aveva compiuto un'impresa capace di cambiare la faccia della sua terra e la vita delle generazioni future. Aveva cominciato all'età di poco più di 50 anni, piantando delle ghiande vicino la sua abitazione e poi ricoprendo di vegetazione un territorio vastissimo, fino all'età di 87 anni. Così conclude l'autore: “Quando penso che un uomo solo, ridotto alle proprie semplici risorse fisiche e morali, è bastato a far uscire dal deserto quel paese di Canaan, trovo che, malgrado tutto, la condizione umana sia ammirevole. Ma, se metto in conto quanto c'è voluto di costanza nella grandezza d'animo e d'accanimento nella generosità per ottenere questo risultato, l'anima mi si riempie d'un enorme rispetto per quel vecchio contadino senza cultura che ha saputo portare a buon fine un'opera degna di Dio.”
Veramente una “grande idea” che nasce dalla quiete interiore di una grande persona.
Dopo questa lunga premessa, che cosa dobbiamo fare nell'area carbon?
Rispunta l'orgoglio, non è giusto, ma sono un essere umano, e provo ad abbozzare una risposta. Dietro una qualsiasi idea, anche la più semplice, c'è bisogno di persone come Bouffier che ci credono fortemente e portano tenacemente avanti l'opera iniziata, disposti comunque all'accoglienza.
Pongo un quesito agli amici di Legambiente: perché durante il confronto con il sindaco, anche voi avete subito il fascino della “grande idea” da trovare? il problema è, invece, un altro: ci sono grandi persone come Bouffier, disposte eventualmente a realizzarle? Altrimenti, come al solito, ci mettiamo al servizio di una delle tante idee che hanno distrutto le città, il paesaggio e soprattutto la nostra anima: “se mi fai costruire metto a posto l'esistente e abbellisco con qualche piantuccia”. Mi chiedo quale mente sublime abbia inventato il diabolico concetto della “compensazione”.
Non ci dobbiamo vergognare di affermare con forza che una grande idea è già quella del verde urbano? Una grande idea è anche lasciare tutto così com'è, se non ci sono persone disposte oggi ad impegnarsi per realizzarla. Magari i nostri figli o nipoti, riscoprendo il gusto del bello e della qualità della vita, saranno disposti ad investire quelle risorse e il tempo che oggi non abbiamo. Sulle risorse scarse e la crisi attuale scorre un mare di inchiostro. Sul tempo vorrei fare una breve riflessione che prende lo spunto proprio dallo stile di vita di Bouffier “a cui piaceva vivere lentamente” ed è riuscito in una grandiosa impresa. Noi sappiamo solo realizzare “rotonde” lungo le strade e giriamo sempre come trottole tornando al punto di partenza. Però abbiamo l'illusione di correre, di andare veloci e arrivare prima. Abbiamo sconfitto anche il semaforo che era l'unica occasione per riposarci un attimo lungo la strada, un breve momento di meditazione e magari anche di preghiera per qualcuno. Il clacson della fila dietro, al sopraggiungere del verde, ci risvegliava da questa comunque piacevole pausa.
A fianco ad un innegabile progresso reale della nostra vita c'è, purtroppo, un reale progresso fittizio di cui faremmo volentieri a meno.
Per avere un parco verde nell'area carbon, quanto terreno e potenziale verde urbano dovremmo sacrificare al cemento? Ce lo dicano in modo chiaro i nostri politici!
Proviamo a pensare invece al grande valore di un'area, in cui le ciminiere non sputano più veleno (ma che continua ad inquinare attraverso il percolato), come parco urbano, tecnologico, archeologico-industriale, congressuale…. , inventatevi qualsiasi originale qualifica. Ma soprattutto pensiamolo come PARCO con alberi e prati veri. È già questa una grande idea, ci vogliono persone disposte a realizzarla, come Bouffier quando la sera controllava e selezionava minuziosamente i semi delle piante che avrebbe dovuto piantare a mano la giornata dopo, ripetendo costantemente questo rito per quarant'anni e allontanandosi sempre più da casa per trovare terreni liberi.
La grande idea per me è ciò che amo e mi fa godere, un “verde” immenso che abbraccia lo stupendo centro storico, sfuma nel verde del Tronto e Castellano e dei colli vicini, con delle rotonde naturali, in questo caso sì, da percorrere senza pause e interruzioni lungo un corridoio di verde e azzurro che conduce al mare.
Mi alzo dal letto perché sono già le sette e, prima di preparare la colazione, penso alle parole di Cecco d'Ascoli 700 anni fa:

“O Madre bella. O terra ascolana,
Fondata fosti nel doppiato cerchio
Si che hai mutato la tua natura umana.
L'Acerba setta delle genti nuove
Sì t'ha condotta nel vizio soperchio:
Or ti conduca quel che tutto muove.
Alteri occulti son li tuoi figliuoli,
E timidi in cospetto delle genti;
Invidiosi son pur tra lor soli.
O Ascolani, uomini incostanti,
Tornate ne li belli atti lucenti,
Prendendo note de li primi canti,
Chè da li cieli siete ben disposti
Ma non seguite il bene naturale
Del sito bello dove foste posti.”

Camillo Di Lorenzo

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