Mare troppo caldo, brutte notizie per i coltivatori di alghe

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Venerdì, 30 Ottobre 2009

 

Secondo quanto scrive allarmato in prima pagina il Jakarta Post, i coltivatori di alghe di Nusa Penida, delle isole Lembongan e di Bali stanno subendo pesanti conseguenze a causa dei cambiamenti innescati in mare dal cambiamento climatico.

Il community development group di Kalimajari, che assiste gli agricoltori di alghe di Nusa Penida, afferma sul giornale indonesiano che «le temperature del mare sono aumentate tra i 2 e i 3 gradi centigradi negli ultimi due anni, provocando la comparsa di una malattia localmente conosciuta come "ice-ice", un fenomeno che causa la caduta delle alghe».

Il 27 ottobre a Sanur, nell'isola di Bali, si é tenuto un seminario sull'adattamento al cambiamento climatico nelle aree costiere e Gusti Agung Ayu Widiastuti, della Kalimajari, ha detto che «I contadini si lamentano perché le temperature del mare diventano più calde ed hanno scoperto che l'epidemia si verifica ad ogni ciclo di impianto. Le modificazioni estreme delle condizioni del mare hanno impoverito gli stock di alghe Euchema, che in precedenza era la la specie più redditizia per gli agricoltori».

In queste aree dell'Indonesia la produzione di alghe è diminuita dalle 500 tonnellate del 2007 alle 200 tonnellate nel 2008.

La coltivazione di alghe marine è il principale sostentamento della gente di queste isole che normalmente guadagna tra gli 1,5 e i 2 milioni di rupie indonesiane ad ogni periodo di raccolta, ma ora i contadini del mare non riescono più a far quadrare i loro bilanci.

Per Armi Susandi, del National council on climate change (Dnpi) dell'Indonesia, quello delle alghe é solo uno dei tanti campanelli di allarme che stanno suonando praticamente inascoltati perché colpiscono comunità e attività "marginali": «Entro il 2100, 115 delle 18.000 isole dell'Indonesia saranno sommersi, provocando 800.000 senzatetto». Il Dnpi inoltre prevede che 287 dei 5.345 chilometri quadrati di Bali potrebbero finire sott‘acqua già entro il 2020 e che diventeranno 557 km2 entro il 2080.

«Questo causerà cambiamenti per i settori della pesca e dell'agricoltura, e avrà una cattiva influenza sul settore turistico» ha spiegato Armi Susandi al convegno di Bali.

Il Dnpi é l'organismo più importante dell'Indonesia per i problemi del cambiamento climatico ed un apposito decreto presidenziale del 2008 lo ha incaricato di coordinare le politiche e gli sforzi per affrontare il global warming in questo immenso, popoloso e fragile Paese ancora ricchissimo di biodiversità marina e terrestre.

Però il ministro dell'ambiente indonesiano, Rachmat Witoelar, ha espresso pubblicamente seri dubbi sulla capacità del Dnpi di riuscire davvero ad affrontare i problemi del global warming con le proposte fatte fino ad oggi, ma ha confermato che non ci saranno cambiamenti nelle politiche avviate e che il National Council on Climate Change conserverà il suo ruolo. (greenreport.it)

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