Fermiamo la corsa alla terra o le generazioni future non ci perdoneranno

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Venerdì, 23 Dicembre 2011

 

Chissà quanti politici hanno avuto una notte insonne dopo la puntata di Report di domenica 18 dicembre intitolata Corsa alla Terra http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-f5e627d7-77b3-44f5-a0d4-8cc3e2333c95.html?refresh_ce. Probabilmente nessuno, a differenza delle persone comuni che hanno pagato il pegno per aver voluto sapere, senza cambiare canale. Raccapricciante come al consumo di territorio che sta divorando tutte le terre fertili della pianura padana, legato da sempre alla cementificazione, si vada a sottrarre altro terreno alle colture agricole a uso alimentare destinando grano, mais, bietole alla produzione di biocombustibili. E non pochi coltivatori si stanno convertendo al più vantaggioso business della produzione di biogas installando impianti che ingoiano i raccolti per produrre energia di cui non c'è reale necessità.

Sorgono inoltre come funghi centrali a biomassa favorite dagli incentivi pubblici nella forma di certificati verdi anche laddove non ci sono a disposizioni scarti da trattare ma vengono appositamente coltivate o trasportate biomasse erbacee o legnose. Frutto della logica prima si installa l'impianto e poi si cerca cosa bruciare.

Secondo il Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/ ogni giorno in Italia vengono cementificati 130 ettari di terreno fertile.

In Veneto e in Lombardia perdiamo ogni giorno una quantità di terreno coltivabile equivalente a 7 volte piazza del Duomo. Nonostante ci siano vaste aree dismesse industriali si va a cementificare e asfaltare terreni che non potranno mai più fornire vita e nutrimento. In un mondo che dovrebbe affrancarsi sempre più da un petrolio che sta per finire, e il cui prezzo è destinato a crescere, si va, come ha ben spiegato il servizio di Piero Riccardi, a fare del cibo un'ulteriore commodity agganciata proprio al prezzo del petrolio. Mais, grano e cereali perdono quindi una prioritaria valenza alimentare, per acquisire un valore energetico: ma questa situazione, secondo autorevoli osservatori, diventa soltanto il preludio di una nuova strategia di conquista della risorsa più preziosa, l'acqua.

Un vero incubo dai risvolti masochisti -per i più- che va a beneficio di pochi. L'Italia dismettendo l'agricoltura nostrana continua a incrementare la propria dipendenza dall'estero per un bene primario come il cibo. Questo anche se è sempre più chiaro che il cibo può essere oggetto di speculazioni economiche come il petrolio, i metalli o le materie prime in genere.

Viene da chiedersi cosa mangeremo se continuiamo ad amputarci parti sane e vitali del nostro territorio fertile, se non bonifichiamo quelle malate che ci stanno uccidendo, se non mettiamo in sicurezza i territori a rischio idrogeologico?

Mangeremo capannoni, bretelle autostradali, centri commerciali, opere come la TAV o la Pedemontana?

Stiamo perseverando nella costruzione di un paese mostruoso dai piedi di argilla basato su falsi presupposti come quello di una crescita economica continua basata su risorse infinite e a basso prezzo: come petrolio, cibo e acqua...senza voler prendere atto della realtà che sta invece andando verso un collasso delle risorse vitali del pianeta.

Gettando lo sguardo oltre il nostro paese: scioccante, per la sua disumanità, l'immagine di interi villaggi africani a cui vengono sottratti per pochi euro centinaia di migliaia di ettari di terreno, da secoli a disposizione per un uso collettivo (e perciò non accatastati e attribuibili a uno specifico proprietario). La logica del profitto in assenza di ogni remora etica, mostra la stessa procedura ferrea e distruttiva in ogni angolo del pianeta. Al momento ci sono anche aziende italiane nel Mali o in Senegal impegnate a sottrarre la terra ai contadini per coltivare biocarburanti. Il punto è che interi villaggi privati dalla loro fonte di alimentazione non hanno i mezzi per pagare altro cibo magari importato perché costa troppo. E quando toccherà a noi ?

Cosa possiamo fare per impedire questo disastro che le future generazioni non potranno perdonarci e finché siamo in tempo ?

Serve un "Miracolo di Natale" attuabile con un cambio di paradigma che tutti auspicano ma che pochi praticano. Passare dall'IO al NOI: lavorare insieme a un piano condiviso che veda le associazioni ambientaliste tradizionali riunite una task force permanente aperta a tutti i movimenti spontanei e forum impegnati nella difesa dei beni comuni. Non è più sufficiente in questo stadio sottoscrivere documenti unitari una tantum e poi tornare a gestire progetti propri -magari negli stessi settori- disperdendo preziose energie e indebolendo l'efficacia del messaggio con la frammentazione. Quando le forze di contrasto sono esigue e gli avversari sempre più potenti bisogna mettere insieme risorse, energia e diventare NOI.

Un NOI più forte che può spaventare l'avversario come ci hanno raccontato i fratelli Grimm nella bella favola dei Musicanti di Brema. Tanto tempo fa, quando eravamo piccoli e credevamo nelle storie a lieto fine. (Silvia Ricci, Campagna Porta la Sporta e Associazione dei Comuni Virtuosi)

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