Nell’emisfero Nord il suolo più «rugoso» ha fatto calare il vento

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Mercoledì, 12 Gennaio 2011

 

Un recente lavoro di Robert Vautard e dei suoi collaboratori al Cnrs francese riporta il sorprendente risultato di una diminuzione media del vento in prossimità del suolo nell'emisfero settentrionale negli ultimi 30 anni. Le regioni dell'Europa, dell’Asia e del Nord America sono meno ventose dal 5 al 15% con una diminuzione più accentuata per i venti più forti. Il metodo usato per arrivare a questo risultato è stato quello di esaminare i dati di oltre 800 anemometri sparsi per tutto il mondo.

Una delle prime obiezioni fatte è che gli anemometri sono strumenti classici di misura normalmente posti a 10 metri di altezza, ma hanno bisogno di una taratura sistematica per far fronte a derive strumentali. Il dato però del calo del vento è confortato da altri dati che riguardano ad esempio la riduzione del tasso di evaporazione dell'acqua nei siti di misura. In media la riduzione del vento in trenta anni è stata di circa 12 km orari. La diminuzione del vento non è la stessa in tutte le regioni, ma è più sensibile nelle regioni asiatiche e meno in Europa e Nord America e questa differenza è legata alle cause della diminuzione. Anche in questo caso c'è una sorpresa perché l'effetto non è l'ennesima manifestazione del riscaldamento globale, ma ha a che fare con i cambiamenti nell'uso del suolo.

In pratica il vento a bassa quota può diminuire se aumenta l'attrito fra l'atmosfera e la superficie della Terra. Questa interazione è misurata dalla cosiddetta lunghezza di rugosità, tanto più grande tanto più forte l'attrito tanto più debole il vento. La rugosità della superficie può aumentare per due cause principali che sono gli insediamenti urbani e la crescita di boschi o foreste. La cosa singolare è che quest'ultima, pare, è la causa più probabile soprattutto in Europa. Questo fenomeno si osserva bene in Italia, dove l'abbandono dei terreni agricoli e delle zone interne comporta un aumento notevole delle zone forestate. In Asia questo effetto si sovrappone a un tipico intervento antropico. La ragione è che in queste regioni, in quota sono presenti quantità notevoli aerosol (di origine antropica) che assorbono la radiazione solare e riscaldano l'atmosfera che ha quindi l'effetto di ridurre i venti sia in quota sia superficiali. Le conseguenze della minore ventosità sono una riduzione dell'evaporazione delle acque o nevi esposte ad alta quota. Questo potrebbe migliorare la disponibilità di acqua potabile malgrado il riscaldamento globale.

L'altra conseguenza è che un abbassamento del vento significa minore energia disponibile per le centrali eoliche la cui potenza dipende dal cubo della velocità del vento, cioè una riduzione del 10% nel vento significa una riduzione del 30% nella potenza prodotta. È questo un aspetto meno grave perché le pale delle centrali eoliche sono fra 50 e 100 metri e quindi ad altezze dove la diminuzione è meno sensibile. (repubblica.it)

PS: comunqeu continuiamo a non considerare minimamente in tali osservazioni la variazione del magnetismo terrestre. Che dire... (RG)

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