Giornata mondiale degli oceani: bisogna salvare questo importante ecosistema

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Martedì, 7 Giugno 2011

 

Il prossimo 8 giugno si celebrerà la giornata mondiale degli oceani, che cade a termine di un anno difficile per questo ecosistema fondamentale per la vita del Pianeta. Tra le maggiori criticità quelle dovute all'inquinamento. In primis ad incidere sono i trasporti commerciali (circa 50mila navi mercantili solcano gli oceani del globo) con oltre il 90% di tutti gli scambi commerciali fra i paesi che avvengono via mare, con rischi di fuoriuscite di carburante che vanno a mettere a rischio la vita delle biocenosi. Ma anche le trivellazioni e le ricerche di carburanti fossili (piattaforme petrolifere e di gas) sono una minaccia costante e il disastro del Golfo del Messico ha acceso i riflettori su un problema probabilmente sottovalutato.

Tra le altre attività antropiche che mettono a repentaglio la salute dell'ecosistema c'è anche la pesca eccessiva: secondo i dati del Wwf internazionale, il 76% degli stock di pesce del mondo sono già sfruttati al massimo della capacità o sovra sfruttati e ogni anno miliardi di pesce catturato accidentalmente, insieme ad altri animali come delfini, tartarughe marine, squali e coralli, muore per pratiche di pesca inefficienti o illegali. E poi i cambiamenti climatici con rialzo delle temperature e innalzamento dei livelli del mare, scioglimento dei ghiacci, sbiancamento dei coralli, acidificazione degli oceani causato dalla assunzione di anidride carbonica di origine antropica dall'atmosfera. «Guardando indietro agli ultimi dodici mesi dell'anno, non si può dire che sia stato un bel periodo per gli oceani- ha dichiarato Julia Marton-Lefevre, direttore generale dell'Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn). La marea nera e l'incidente nucleare giapponese ci ricordano quali siano le minacce di grande scala per gli oceani, ma anche tragicamente, per le comunità che abitano nelle vicinanze».

Per quanto riguarda l'acidificazione degli oceani, Marton-Lefevre si è dimostrata preoccupata «sta avanzando ad un ritmo allarmante, 100 volte più veloce rispetto a quello naturale». Oltre a ridurre l'impatto delle singole attività antropiche e ad incrementare gli investimenti per garantire maggiori livelli di sicurezza, un piano di emergenza per salvare gli oceani passa attraverso l'istituzione di nuove riserve marine in aree critiche (come Greenpeace aveva indicato) dove le attività ad alto rischio rimangono off limits. (greenreport.it)

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