Dai ghiacci artici al Mediterraneo L'enigma della balena grigia

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Martedì, 14 Giugno 2011

 

Il caso, almeno all'inizio difficilmente spiegabile, ebbe inizio l'8 maggio 2010. Fu allora che una balena grigia venne avvistata al largo della costa mediterranea di Israele. Pochi giorni dopo, per l'esattezza ventidue, lo stesso individuo venne ancora osservato, ma questa volta in acque spagnole. Sempre mediterranee, comunque. Era dal 1700, occorre sapere, che di balene di questa specie (Eschrichtius robustus) qui nel Mediterraneo non se ne vedevano più. Tutte estinte, si pensava. E si capisce, pertanto, come l'inatteso avvistamento abbia suscitato grande meraviglia e, anche, almeno un po' di entusiasmo tra gli studiosi, che già pensavano, e fantasticavano, sulla quasi miracolosa ricomparsa d'un individuo della popolazione estinta.

Tutto ciò un anno fa, però, perché oggi, purtroppo, «il caso della balena che non doveva esserci» ha trovato, verosimilmente, un'altra e ben più plausibile spiegazione. Più plausibile e anche più allarmante. Se infatti avrebbe potuto essere una buona notizia la riscoperta di un individuo appartenente a una popolazione ormai estinta (di origine atlantica), certo non è così se è invece valida l'ipotesi più recente, che al contrario implica, per spiegare l'inattesa apparizione, l'effetto negativo dei cambiamenti climatici. Ed è proprio questo che propongono Aviad Scheinin e i suoi colleghi dell'Israel Marine Mammal Research and Assistant Center di Haifa, che hanno appena pubblicato, sulla rivista Marine Biodiversity Records, l'articolo «Gray Whale in the Mediterranean Sea: anomalous event or early sign of climate-driven distribution change?». Suscitando soprattutto commenti positivi.

Le balene grigie spendono i mesi estivi rimpinzandosi di cibo nell'oceano Artico e quindi danno inizio, con l'avvicinarsi della stagione invernale, a quella che si ritiene sia la più lunga migrazione compiuta da dei mammiferi. Attraversano cioè il mare di Chukchi, poi quello di Bering raggiungendo così l'oceano Pacifico. Seguendo poi le coste dell'Alaska, del Canada e infine degli Stati Uniti raggiungono quelle californiane e messicane dove si trovano i loro territori riproduttivi. Poi, finita la stagione invernale, ritornano a nord. Compiono cioè una discesa (riproduttiva) verso sud e una (trofica) verso nord. Una specie di annuale «pendolariato». Detto ciò, resta da comprendere l'apparizione di una balena grigia nel Mediterraneo.

Occorre rilevare che, studiando le immagini fotografiche che le sono state scattate nel 2010, gli studiosi israeliani hanno con certezza stabilito che quell'esemplare era indubbiamente un individuo appartenente alla popolazione del Pacifico. Poi, considerando che durante gli ultimi mesi del 2009 i ghiacci che avrebbero dovuto impedire a una balena il transito verso l'Atlantico si erano per buona parte sciolti, hanno ipotizzato che quell'individuo abbia erroneamente preso la direzione verso est, mirando poi a sud e così scendendo dall'altra parte. Poi, arrivato a Gibilterra, sia sbucato nel Mediterraneo (per lui una trappola) e cogliendo tutti di sorpresa.

Nei commenti suscitati, rilevante mi pare il giudizio del matematico Harry Stern dell'Università di Seattle (Washington), un eminente studioso dei ghiacci polari che, considerando la situazione di scioglimento dei ghiacci che ha coinvolto l'oceano Artico negli ultimi quattro o cinque anni, ritiene più che plausibile che si siano creati passaggi decisamente sufficienti per il transito delle balene. E infine il commento di David Tallmon, un biologo dell'Università dell'Alaska (Juneau), che fa notare come la comparsa dei corridoi tra i ghiacci, che hanno consentito il transito a una balena, possono consentirlo a esseri di ogni dimensione, dalle balene alle diatomee. Il che potrebbe significare un inatteso mescolamento tra i biomi del Nord Atlantico e del Nord Pacifico, con conseguenze difficilmente valutabili. (Danilo Mainardi - corriere.it)

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