Ponte Stretto, Gli sbancamenti riversati sui pendii peloritani

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Giovedì, 24 Novembre 2011

 

MESSINA - Messina conta i morti per l'ennesima alluvione, ma il colpo di grazia a questa provincia dai fragilissimi equilibri idrogeologici potrebbe assestarlo il Ponte sullo Stretto. Un pericoloso azzardo si nasconde, infatti, tra le pieghe del progetto definitivo della grande opera, in mezzo a oltre 8200 tra mappe, studi e planimetrie: forse, la montagna di carta più alta mai partorita in Italia per un sogno (o un incubo). La "bomba" riposa nell'allegato CZ0002 sui cantieri dell'opera.

Un documento all'apparenza innocuo, che illustra con dovizia di particolari le zone - sui versanti siciliano e calabrese - in cui carovane di tir scaricheranno, un giorno, migliaia di tonnellate di terre di scavo, rimosse dagli operai che dovrebbero unire Scilla e Cariddi. In realtà quel documento è una minaccia, per la provincia che da due anni frana sotto il peso dell'acqua. Ieri, l'alluvione di Barcellona Pozzo di Gotto e di Milazzo, sul versante tirrenico; due anni fa quella di Giampilieri, sul lato ionico, che il primo ottobre del 2009 si portò via 37 vite, trascinate dal fango.

Ora si scopre che a monte di alcuni pendii - non gli stessi dei disastri di ieri e di due anni fa, ma altri ugualmente fragili dal punto di vista idrogeologico - la società Stretto di Messina ed Eurolink, il contraente generale del Ponte, hanno previsto di scaricare quasi tre dei circa sei milioni di metri cubi di terra, una montagna, che i cantieri sono destinati a produrre sul solo versante siciliano. Un rischio enorme, per la delicata geomorfologia peloritana.

Per accorgersi di questa minaccia, serve l'occhio esperto di un addetto ai lavori. Nel documento, infatti, un'acrobazia lessicale ha trasformato le discariche in "siti di recupero ambientale". Qui i progettisti si sono sbizzarriti a immaginare, a opera conclusa, distese di verde pubblico e "strutture ludico-sportive". Ma prima di tramutarsi in quello spicchio di paradiso promesso dalle carte, le discariche dovrebbero sfidare i fragili declivi messinesi, quelle fiumare coperte negli anni dal cemento e pronte a diventare "bombe d'acqua" in caso di nubifragi. In questo caso, bombe capaci di trascinare in città tonnellate su tonnellate di fango e detriti.

Nel "sito di recupero 3", sopra il torrente Annunziata, la Stretto di Messina prevede di depositare oltre 720 mila metri cubi di materiali. La colata di fango e detriti trascinata a valle dal disastro di Giampilieri era nove volte inferiore. Ma quella del sito di recupero 3 non è la quantità massima di terra prevista per un Sra: il sito di contrada Bianchi, su un'altra area di impluvio, è destinato ad accogliere oltre 2 milioni di metri cubi, 2.122.694 per l'esattezza.

Il primo a saltare dalla sedia, sfogliando l'elenco dei "siti di recupero ambientale", è stato l'ingegnere Gaetano Sciacca, il capo del Genio civile locale, il funzionario che due anni fa, dopo i fatti di Giampilieri, provò a bloccare le decine di lottizzazioni che continuavano a piovere sui Peloritani, incoraggiate da un piano regolatore scellerato. Un piano che aveva tolto le briglia al cemento e ai palazzinari. Se ieri il problema era il cemento selvaggio, domani, accusa il Genio civile, sarà il Ponte, con il carico di cantieri e carovane di Tir destinati ad attraversare la città e a percorrere le sue fragili colline.

La prima nota di Sciacca contro le discariche del Ponte è del 28 ottobre scorso, indirizzata all'assessorato regionale alle Infrastrutture: "Nelle opere di attraversamento delle numerose fiumare" avverte l'ingegnere "non si tiene conto della particolare fragilità idrogeologica del Messinese, più volte coinvolto di recente da eventi alluvionali di eccezionale intensità e drammaticità, con perdite di vite umane". Sciacca passa poi in rassegna le caratteristiche di fragilità del territorio (le "formazioni delle sabbie e ghiaie di Messina": "terreni granulari non coesivi e quindi facilmente erodibili") per assestare il colpo finale con una serie di foto che documentano le condizioni, precarie, degli assi viari cittadini sorti su fiumare ricoperte: un quadro dalla stabilità già compromessa per la scarsa manutenzione e che il carico dei mezzi pesanti dei cantieri potrebbe aggravare irrimediabilmente. Per questo - conclude Sciacca - "l'Ufficio non condivide la scelta di allocare i cosiddetti "siti di recupero ambientale" proprio sulle aree di impluvio scelte dal progetto

definitivo". Fuori dal linguaggio tecnico: quelle discariche sono una iattura e non s'hanno da fare.

Due settimane dopo, l'8 novembre, il capo del Genio civile rovescia il carico di perplessità e di paure sul tavolo del ministero delle Infrastrutture. In questa seconda nota l'allarme di Sciacca è duplice: oltre al progetto della Stretto di Messina di percorrere le fiumare per depositare il materiale di risulta dei cantieri sulle aree di impluvio, l'ingegnere segnala che il Comune pretende di trasformare in strade carrabili quelle porzioni dei torrenti Annunziata e Papardo che ancora non lo sono. L'obiettivo? Creare nuove strade e alleggerire il traffico cittadino. La giunta del dietologo pdl Giuseppe Buzzanca si vanta di avere strappato l'inclusione della copertura del Papardo tra le opere di

compensazione per i carichi urbanistici che i lavori del Ponte porteranno in città. Peccato, sottolinea però Sciacca, che chi progetta di coprire ancora una volta le fiumare abbia dimenticato "i recenti tragici eventi che stanno interessando l'intero nostro territorio, da Giampilieri a Genova". E adesso si aspetta di capire se qualcuno, alla Regione Sicilia e al governo, vorrà dare ascolto all'allarme di un funzionario che, qui, sembra l'unico custode del buon senso. (Paolo Casiscci- repubblica.it)

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