"Questa è una notizia
che non fa piacere scrivere e credo neanche leggere.
Però è solo facendo entrambe le cose e facendole
fare a quelli che conosciamo che abbiamo qualche
speranza di attenuarne le conseguenze. Nature, la
più autorevole rivista scientifica al mondo, ospita
l'intervento di un gruppo di ricercatori delle
università di Rotterdam e Cambridge, coordinati
dalla professoressa Gail Whiteman. Il rapporto
prende in considerazione lo scioglimento dei ghiacci
nella Siberia artica Orientale. Gli studiosi hanno
calcolato che lo scioglimento dei ghiacci in atto
potrebbe dar luogo al rilascio nell'atmosfera di 50
gigatonnellate (tonnellate con 9 zeri) di metano.
Concretamente questo significa che il temuto
riscaldamento globale di 2 gradi (il famoso punto di
non ritorno) potrebbe arrivare dai 15 ai 35 anni
prima del previsto. Eh si, lo sappiamo, qualcuno ci
ride su pensando di poter fare il vino anche in
Scozia o di dover alzare l'aria condizionata.
Peccato che non sia una questione di qualche uragano
in più o qualche specie in meno. I professori fanno
i calcoli di quanto costerebbe al pianeta e
presentano un conto pari a 60 trilioni di dollari
(un trilione = mille miliardi) poco meno del Pil
globale del pianeta che è di 70. Contemporaneamente
c'è chi vede nel fenomeno un'opportunità di business
derivato dal fatto di poter navigare dove prima
c'erano i ghiacci nonché dalle estrazioni
petrolifere che si potrebbero compiere e che
potrebbero render qualche centinaio di miliardi di
dollari.
Dobbiamo ringraziare
Whiteman per aver fatto questo calcolo perché, al di
là come si diceva delle battute, fa toccare con mano
(al portafogli) il costo che pagheremo per il
disastro che stiamo combinando. Purtroppo, la crisi
globale sta spingendo molti paesi a fermare le
politiche antiriscaldamento, con la scusa che è un
lusso che in questo momento non ci possiamo
permettere. La ricerca dimostra esattamente il
contrario e cioè che non possiamo permetterci di non
affrontare il problema.
Si chiamano all'azione
il FMI (Fondo Monetario Internazionale) e il WEF
(World Economic Forum) ma una situazione del genere
non si risolve se prima o poi non si considera
l'ambiente un valore. E se non si attuano politiche
come quelle descritte 15 anni fa da Roodman nel suo
"La ricchezza naturale delle nazioni". E cioè
rendere fortemente antieconomiche tutte le
produzioni inquinanti. Questa sarebbe la molla di
quella grande innovazione di cui abbiamo bisogno per
far ripartire le nostre economie. Gli stati invece
trattano l'ambiente come trattano l'economia,
pompando in un caso denaro e nell'altro CO2. Creando
debiti ai nostri figli da un lato e riscaldamento
nell'altro. Solo che se il pianeta va in default
cambiare valuta non basta." (Marco Di Gregorio) |