Le trivellazioni petrolifere offshore alla Conferenza Stato

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Giovedì, 14 Marzo 2013

 

La questione al centro della Conferenza Stato Regioni di oggi pomeriggio è chiara. Le Regioni

vogliono svolgere un ruolo di primo piano nella valutazione e nel rilascio dei permessi di ricerca e

estrazione di petrolio, non solo sul territorio di competenza ma anche nel mare italiano: la richiesta era già stata avanzata nell'autunno 2012 a Venezia, nel corso della Conferenza internazionale delle regioni adriatiche e ioniche, ma il governo tecnico Monti/Passera l'ha ignorata.

Legambiente ricorda oggi che «Sono più di 65.000 i km2 ipotecati per prospezione, ricerca e estrazione di greggio. Un rischio enorme per l'ambiente e l'economia del sistema marino costiero in nome di una presunta indipendenza energetica, contro la volontà di Regioni ed enti locali delle cui richieste il governo uscente non sembra voler tenere conto. Anche la nuova Strategia energetica nazionale accentra ancora di più il ruolo dell'esecutivo lasciando alle Regioni e agli enti locali solo una parte marginale e non vincolante per il rilascio di concessioni».

Secondo il vice presidente del Cigno Verde, Stefano Ciafani, tutto questo è per «Favorire

la corsa all'oro nero delle compagnie petrolifere che continua senza sosta. Il governo uscente sta cedendo migliaia di kmq di mare alle compagnie petrolifere, in nome di una presunta indipendenza energetica che durerebbe appena 7 settimane, stando ai consumi attuali e alla stima delle riserve accertate sotto il mare italiano. La forte accelerazione delle richieste per la ricerca e l'estrazione di petrolio nel mare italiano ci preoccupa molto, soprattutto se associata agli ultimi atti normativi, che annullano i vincoli per la tutela delle aree marine di pregio e per le coste. Questa deriva petrolifera deve essere assolutamente fermata, a partire dall'abrogazione dell'articolo 35 del decreto sviluppo e delle altre norme pro trivelle. Confidiamo in una forte azione congiunta di Regioni e Enti locali per assicurarsi un ruolo determinante in scelte così importanti per il loro futuro».

Attualmente nel mare italiano ci sono più di 34 richieste di ricerca per oltre 16.251 km2, 3 istanze di prospezione per un'area di 45.000 km2, che comprende praticamente tutto

l'adriatico, 13 permessi di ricerca già rilasciati per 5.469 km2 e 8 istanze di concessione per altri 732 km2.

Legambiente fa una ricognizione delle concessioni: «A settembre la Commissione Valutazione impatto ambientale ha dato parere positivo alle richieste per la prospezione in mare avanzate da due compagnie straniere, l'inglese Spectrum Geolimited e la Petroleum Geo Service Asia Pacific con sede a Singapore. L'area interessata riguarda circa 45.000 km2, praticamente tutto il mar Adriatico da Ravenna fino all'estremo sud della Puglia. In Adriatico centrale, lo scorso 25 gennaio la Commissione VIia ha sbloccato il pozzo Ombrina Mare 002 della Medoilgas a sole 3 miglia dall'istituendo Parco nazionale della costa teatina, nonostante la contrarietà di cittadini e delle stesse amministrazioni lovali e della Regione Abruzzo. La richiesta nel 2010 era stata fermata dai vincoli imposti dal Dlgs 128/2010, perché troppo vicino alla costa, vincoli azzerati dall'articolo 35 del decreto Sviluppo. Nel Canale di Sicilia la Norther Petroleum ha presentato richiesta per allargare i permessi di ricerca in fase di autorizzazione per un'area di oltre 1300 km2, prima vincolati perché troppo vicini ad aree protette e di pregio e ora di nuovo disponibili alle attività petrolifere. Nello Ionio la Shell è titolare di due richieste di ricerca per oltre 1350 kmq, che hanno già ricevuto parere negativo dalle Regioni Puglia e Basilicata. Come se non bastasse il Ministero dello sviluppo economico, con un decreto approvato il 27 dicembre scorso ha esteso l'area di mare da destinare alla ricerca e l'estrazione di petrolio intorno alla Sicilia (Zona C), istituendo una nuova area, "Zona C - settore sud" che occupa un ampio tratto a est dello Ionio Meridionale e a sud-est del Canale di Sicilia, "considerato il potenziale interesse alla ricerca e coltivazione di idrocarburi nelle aree di sottosuolo marino sopra richiamate"». (greenreport.it)

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