ANCONA - Il 55% delle coste marchigiane è stato trasformato per sempre dal cemento. Dal 1985 ad oggi, nonostante la legge Galasso, nella regione sono spariti 7 km di costa
È quanto rende noto il dossier di Legambiente Salviamo le coste italiane, dedicato alla tutela dei paesaggi costieri della Penisola.
Di 180 km di lunghezza, le Marche contano 98 km di costa oramai trasformati a usi urbani e infrastrutturali. Risultano liberi dall'urbanizzazione i 26 km di costa ricadenti nelle due grandi aree protette, formate dal Parco Regionale del Monte Conero e il Parco Regionale del Monte San Bartolo, che anche grazie alla morfologia montuosa hanno fatto da freno al cemento.
Altri 28 chilometri di aree agricole e 14 di aree ancora naturali rischiano di finire cancellati dalla continua crescita del cemento. Il 64% del consumo verificatosi tra il 1988 ed il 2006 (circa 4,5 km) è avvenuto per usi prettamente urbani (residenziali e servizi annessi); il restante 36%, quindi 2,5 km, consiste in opere infrastrutturali e industriali.
"L'inedificabilità assoluta è il prossimo grande obiettivo che questa regione deve porsi - commenta Luigino Quarchioni, presidente di Legambiente Marche -, ormai questa scelta non può più essere rimandata. Tutte le aree costiere ancora libere dall'edificato devono essere tutelate per almeno un chilometro dal mare. E questo non solo per salvaguardare le bellezza e la qualità del nostro territorio, risorsa non rinnovabile e preziosissima per la valorizzazione anche in chiave turistico-economica della regione, ma anche perchè le Marche sono particolarmente esposte al rischio idrogeologico e al fenomeno dell'erosione costiera" (corriereadriatico.it)
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