Un organismo di gestione del Parco marino aiuterebbe la valorizzazione del pescato"

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Martedì, 12 Marzo 2013

 

Dalla lettura di interviste diffuse in questi giorni a mezzo stampa si è appreso della difficoltà che l'attività di pesca delle vongole, operata dal CoGePi, sta incontrando a causa della classificazione delle aree di pesca che è stata definita a livello regionale. Da quanto si apprende, infatti, la classificazione come Area B di tutte le acque costiere marchigiane penalizzerebbe le imbarcazioni del CoGePi che non potrebbero conferire direttamente sul mercato il loro prodotto se non prima di averlo sottoposto ad una depurazione per il quale, però, si necessitano di impianti appositi attualmente non disponibili lungo la costa picena.

Tale situazione crea certamente delle difficoltà economiche per il CoGePi e l'argomento va necessariamente affrontato a tutti i livelli per supportare un settore importante della nostra marineria. In qualche stralcio di intervista, però, si è presa a pretesto tale situazione di difficoltà per ribadire la contrarietà al Parco Marino da parte del CoGePi, confondendo talvolta l'Area B di classificazione sanitaria delle acque in cui esegue la pesca delle vongole, inerente la normativa di pesca e commercializzazione di prodotti ittici (D.Lgs 530/1992), con la Zona B di pianificazione dell'Area Marina Protetta che fa riferimento invece ai diversi livelli di tutela interni al Parco marino. Classificazione quest'ultima che fa riferimento a tutt'altra normativa: quella sulle aree protette (legge 394/1991).

E' necessario chiarire subito, quindi, che le due identificazioni di luoghi con la lettera B, nonostante abbiano la medesima lettera che le contraddistingue non hanno nulla a che fare l'una con l'altra.

Della pianificazione dell'Area Marina Protetta si è discusso per anni, anche con la partecipazione della marineria locale e del CoGePi. E' ormai scritto a chiare lettere nel decreto istitutivo, approvato dalla Conferenza Unificata Stato-Enti Locali, che la pesca delle vongole è consentita nella stragrande superficie del parco marino essendo quasi tutto classificato come Zona D, dove la pesca dei molluschi bivalvi con l'utilizzo della draga idraulica è consentita.

Sul rapporto tra la classificazione delle acque e l'esistenza di un Parco marino è però utile dare qualche informazione in più.

La classificazione sanitaria delle acque si effettua, infatti, solo periodicamente da parte della Regione quando si hanno gli strumenti economici per farlo, in maniera generalizzata ed adottando un principio di precauzione che consenta, in mancanza di un controllo assiduo, di garantire la salute dei cittadini con un elevato margine di sicurezza.

La normativa sanitaria attualmente in vigore, in particolare il D.Lgs. 530/92 che recepisce la direttiva comunitaria 91/492, consente di avviare al consumo diretto solamente molluschi prelevati da aree marine ritenute idonee secondo la classificazione operata dalle regioni in relazione a parametri microbiologici, biotossicologici e chimici, e classificabili come aree di tipo A.

Da questo punto di vista, la presenza di un organismo di gestione di un parco marino, non può che aiutare la marineria locale dato che, essendo quella del controllo della qualità delle acque uno dei compiti specifici dell'Area marina Protetta, è pensabile che un assiduo monitoraggio e soprattutto un controllo delle fonti inquinanti possa portare la Regione a classificare di nuovo come Area A la fascia di mare antistante la costa che tra San Benedetto a Massignano che rientrerà nell'AMP.

Tale processo di verifica e controllo della qualità delle acque potrà anche avviare un percorso di valorizzazione del prodotto che ne migliorerà anche la commercializzazione sulla filiera produttiva e commerciale legata in particolare alla gastronomia locale caratterizzata da un elevatissimo consumo da parte dei turisti. (quotidiano.it)

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